Oggi abbiamo avuto l’onore ed il piacere di intervistare Stefan Pollak, Architetto freelance che ha conseguito un PhD. in Sustainable Urban Design all’Università Roma Tre. E’ Autore di diverse pubblicazioni e articoli focalizzati sull’ambiente e la sostenibilità.
Sono proprio questi due topic che lo hanno portato a molteplici esperienze internazionali, dove il rapporto tra uomo e spazio circostante rimane il punto cardine di ogni suo progetto.
Affronteremo insieme questo viaggio verso l’arte del realizzare, raccontandoci anche come questa emergenza sanitaria ha forse cambiato – o accentuato – alcuni aspetti importanti del nostro vivere gli ambienti.
Benvenuti nel mondo di Stefan.
Sono nato in Germania e dal 1999 faccio l’architetto con base a Roma ma con progetti in diversi paesi. Viaggiare e scoprire posti nuovi è una delle mie passioni. Poterlo fare per lavoro mi dà lo stimolo per confrontarmi profondamente con i contesti in cui opero. Mi affascina capire le differenze nei modi di abitare. Il modo in cui sono costruite ed arredate le case ed il modo con il quale, dall’aggregazione di case, spazi, servizi ed iniziative umane nascono le città, dice molto su come ognuno di noi intende la vita su questo nostro piccolo pianeta.
Di cosa abbiamo bisogno veramente? Cosa ci fa sentire a casa? Da architetto sento di avere una forte responsabilità in questo senso e al contempo la possibilità di incidere sull’ambiente costruito con l’ambizione di migliorarlo sempre di più.
Parlando del tuo profilo professionale invece, ho visto che hai diverse esperienze come responsabile in progetti italiani ed esteri. Quali tra tutti ti ha più colpito e perché?
Ogni progetto è una sfida nuova e citarne uno in particolare mi viene veramente difficile. Se proprio devo scegliere, direi il centro che ho realizzato nel 2001 ad Abidjan in Costa d’Avorio, la mia prima opera da architetto. All’epoca mi sono interrogato molto su cosa questo centro potesse significare per le persone che dovevano utilizzarlo. Che abitudini avessero e cosa potevo apportare io dall’esterno.
Di recente ho avuto l’opportunità di rivedere l’edificio: a quasi 20 anni di distanza ne era cambiata la destinazione d’uso e con essa le modalità di vivere alcuni degli spazi, ma tutte quelle scelte che definivano il carattere degli spazi e che evidentemente lo rendevano ancora apprezzato erano perfettamente integre. E’ stato un momento emozionante.
Siamo in un periodo particolare per tutta la popolazione mondiale. Come architetto, come vivi l’emergenza COVID-19?
Le restrizioni di viaggio derivate dalla pandemia hanno causato più di qualche problema, soprattutto per i progetti all’estero. Alcuni si sono momentaneamente fermati, su altri stiamo riuscendo, grazie a partnership solide nei luoghi di intervento, a portarli avanti a distanza. Ci si reinventa; esattamente come reinventiamo gli spazi quando mutano le esigenze di chi li vive.
È evidente anche che ci si interroga su una serie di questioni che hanno a che fare con il nostro mestiere. Non ultimo la dimensione domestica. Dovranno cambiare le nostre case per accogliere una vita che non è più quella di prima? Sarà cambiato il nostro modo di guardare e vivere gli spazi quando un domani riconquisteremo una certa normalità? E come sarà fatta questa normalità?
Su questi temi ho avuto anche modo di confrontarmi con tanti colleghi in Italia e all’estero. Quello che emerge è un’esigenza condivisa di prendersi più cura. Cura di noi individui e cura del pianeta nel suo insieme. La crisi sanitaria ha messo in luce quanto questi due livelli siano interconnessi. Infatti, nonostante le indubbie sofferenze inflitte dalla pandemia, sono emerse formidabili capacità di adattamento in molte persone.
Personalmente respiro una voglia di cambiamento che mancava da tempo; voglia di rimettersi in gioco e forgiare l’ambiente che ci circonda. In qualche modo siamo diventati tutti più consapevoli della questione spaziale, nell’intimità dei nostri ambienti domestici come negli ambienti che condividiamo con collettività più ampie.
Pensi che nel futuro l’igiene venga messa sempre più in primo piano anche nei progetti di arredamento?
Negli spazi che mi capita di progettare, all’aspetto più sanitario dell’igiene personale si affianca sempre uno spiccato aspetto ludico. Ritengo che prendersi cura del proprio corpo debba essere un piacere ed è con questo pensiero che cerco di plasmare gli spazi in cui i miei clienti possono farlo con serenità. Voglio che possano sentirsi bene e per raggiungere l’obiettivo devono convergere molti aspetti che coinvolgono la scelta delle finiture, gli spazi d’uso e l’illuminazione; aspetti a volte in contrasto tra loro.
In uno dei tuoi ultimi progetti hai realizzato una vasca con noi in Corian su misura, potresti raccontarci di come è nata l’idea progettuale e perché avete proprio scelto il Corian?
In un appartamento di Roma realizzato negli anni Sessanta, siamo intervenuti su una struttura che si presentava come articolata composizione di spazi rettangolari e quadrati. Con i proprietari di casa abbiamo deciso di inserire una vasca perfettamente quadrata, in linea con quello che era la logica spaziale della casa.
In aggiunta a questo invaso abbiamo inserito dei moduli galleggianti con un duplice scopo: fuori dalla vasca questi ultimi possono fungere da seduta. Ancorati all’interno della vasca invece contribuiscono a ridurre il volume d’acqua e offrono superfici d’appoggio per shampoo e sapone o, perché no, una coppa di champagne.
Vasca e cubi galleggianti sono in Corian, materiale che permette di coniugare spessori sottili con notevole solidità. Gli altri aspetti che ci hanno convinto nella scelta di questo materiale includono la possibilità di non vedere i giunti tra le parti e la superficie bianca satinata.
In quel contesto le superfici bianche fanno da contrappunto a pareti rivestite con pregiate ceramiche veneziane, scelte come omaggio ad un modernismo primordiale in grado di unire origini e futuro della casa.

Come ben sai, noi progettiamo arredi bagno su misura con la nostra finitura DuralClean che elimina la micro-porosità superficiale, rendendo in questo modo i nostri arredi più igienici. Cosa ne pensi?
Da progettista sono molto attento a tutte le innovazioni che derivano dalla ricerca sui materiali. In ambiente domestico, la facilità di manutenzione è uno di quegli aspetti che contribuiscono ad una soddisfazione nel tempo di chi usa gli spazi. Poter godere di un ambiente sempre pulito senza troppo sforzo è da questo punto di vista vantaggio non da poco.
Oltre la pandemia vediamo la luce. Quali progetti darai alla luce terminata l’emergenza?
In verità non mi sono mai veramente fermato. Ho sfruttato le settimane di lockdown più severo, durante la primavera 2020, per sviluppare alcuni progetti che siamo poi riusciti a portare in cantiere appena la situazione si è resa meno emergenziale.
Contemporaneamente sono coinvolto su vari fronti per occuparmi dei modi di abitare. Con l’associazione AK0 sto lavorando a interventi di case realizzate con tecniche costruttive tradizionali rivisitate in Africa ed America Latina, ma anche in Italia conto di poter presto completare nuovi spazi in cui la scelta dei materiali e la collaborazione tra esperienze differenti porti a risultati stimolanti e sorprendenti.

Le foto mostrate in questo articolo sono state realizzate dal fotografo Dario Fatello.
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